Milano nascosta: le chiese sconsacrate
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Un tour insolito tra via Piero della Francesca e via Lomazzo, alla scoperta di antichi cortili e soprattutto chiese sconsacrate, oggi templi del divertimento!
Incastonata fra due condomini di via Lomazzo, una traversa di Paolo Sarpi, la Chiesetta presenta ancora una facciata in stile settecentesco, con tanto di rosone che illumina l’interno. Ma l’insegna che campeggia sul piccolo sagrato, riadattato a cortiletto con tavolini, svela fin da subito che il luogo ha sposato un altro “Modus Vivendi”. Benvenuti alla Chiesetta, “il locale ideale per passare una serata sconsacrata”, come recita lo slogan che accoglie i clienti, che non possono non restare senza fiato, entrando, per la suggestiva atmosfera che si respira. La prima cosa che balza all’occhio è, infatti, il grande affresco che decora tutte le pareti interne, dipinto da due allieve dell’Accademia di Brera negli anni Novanta con un raffinato gusto antico, che prevede alcune zone volutamente scrostate, che nascondono elementi del disegno, come se fossero andati perduti nei secoli.
Proseguiremo la nostra passeggiata in direzione di una seconda chiesa sorta all’angolo tra Via Piero della Francesca e Via Losanna, dedicata a San Giuseppe della Pace ed eretta in tipico stile ibrido neorinascimentale. Un perfetto esempio di eclettismo architettonico, dove l’interno conferma ancor di più questa definizione. L’edificio non è particolarmente profondo ma scenografico per l’impatto della volta a botte che, con le tre absidi a esedra, rievoca l’architettura della Controriforma. Notevole è anche la profusione di lesene, colonne e capitelli che confermano, ancora una volta, la tendenza eclettica dell’edificio, mentre peculiare è la presenza di finti matronei sui lati della navata.
La chiesa è rimase consacrata fino al 1971, quando fu dismessa e, per trent’anni circa restò chiusa e in stato di abbandono. Alla fine degli anni ’90 un imprenditore decise di trasformare la vecchia chiesa del suo quartiere d’origine in un locale di successo. Dopo un anno di restauri, nacque, nel 2001, il Gattopardo cafè: la navata della vecchia chiesa fu restaurata secondo i canoni estetico-architettonici della Sicilia dei Borboni esaltata dal romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, dando particolare risalto a quegli elementi come colonne e lesene, che conferiscono l’idea decorativa sfarzosa di quel periodo, o con l’apertura di palchetti al posto dei finti matronei. Dal soffitto ora pende uno spettacolare lampadario, altro ricordo dell’epoca gattopardesca, mentre al posto dell’altare oggi c’è il bancone del bar e nel luogo dell’antico pulpito si trova la consolle del dj.
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