Sniper Alley, Il corridoio della morte

Il corridoio della morte che segnò Sarajevo

Sarajevo incarna l'essenza di una città in cui si intersecano influenze culturali, religiose e storiche, rendendola un crocevia unico nel panorama europeo. La sua posizione strategica ha reso la capitale bosniaca testimone di eventi che hanno scosso il continente, lasciando tracce indelebili nel tessuto urbano e nell'identità collettiva dei suoi abitanti.
Fondata nel 1461 dagli Ottomani, Sarajevo divenne un florido centro commerciale e culturale, caratterizzato da una convivenza eterogenea tra musulmani, ortodossi, cattolici ed ebrei sefarditi, questi ultimi giunti dalla Spagna in seguito all'espulsione del 1492. Tale coesistenza valse alla città l'appellativo di "Gerusalemme d'Europa", espressione di un mosaico sociale raro per l'epoca.

L'arrivo dell'Impero Austro-Ungarico nel 1878 segnò una trasformazione radicale: Sarajevo divenne un polo di modernizzazione con infrastrutture all'avanguardia, tram elettrici e architettura di matrice occidentale. Tuttavia, fu proprio durante questo periodo che la città venne catapultata nella grande storia: il 28 giugno 1914, l'arciduca Francesco Ferdinando d'Austria venne assassinato dal nazionalista serbo Gavrilo Princip, un atto che avrebbe scatenato la Prima Guerra Mondiale.
Nel secondo dopoguerra, Sarajevo divenne parte della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, un'epoca segnata da stabilità economica e progresso culturale. Simbolo di questa fase fu l'assegnazione delle Olimpiadi invernali del 1984, evento che consacrò la città come emblema della modernità jugoslava.

Il sogno di unità jugoslava si infranse con le guerre balcaniche degli anni Novanta. Tra il 1992 e il 1996, Sarajevo fu teatro del più lungo assedio della storia moderna, durato 1.425 giorni. Circondata dalle forze serbo-bosniache, la città visse anni di devastazione, privazioni e sofferenza indicibile: circa 11.000 persone persero la vita. La sopravvivenza della popolazione dipese spesso da soluzioni ingegnose, come il celebre Tunnel di Sarajevo, un passaggio sotterraneo che consentiva l'afflusso di beni essenziali.
Uno degli aspetti più drammatici dell'assedio fu la cosiddetta Sniper Alley, un tratto della principale arteria cittadina, il Viale Zmaja od Bosne, che divenne una delle zone più pericolose per i civili. Questa strada, un tempo simbolo della modernizzazione austro-ungarica e dello sviluppo economico jugoslavo, si trasformò in un corridoio di morte: i cecchini posizionati sulle colline circostanti e negli edifici occupati dalle forze serbo-bosniache avevano una visuale perfetta sui movimenti della popolazione. Attraversarla significava esporsi a un rischio letale.

Per cercare di sopravvivere, gli abitanti svilupparono strategie ingegnose: attendevano il momento giusto per correre da un riparo all'altro, sfruttavano le barricate improvvisate e si affidavano a segnali tra vicini per evitare il fuoco nemico. I bambini dovevano essere trasportati a braccia o nascosti sotto scatole e coperte. Molti giornalisti e operatori umanitari che documentarono l'assedio raccontarono la tensione palpabile di chi era costretto a percorrere la Sniper Alley, consapevole che ogni passo poteva essere l'ultimo.
Le immagini di corpi a terra, di persone in fuga e dei colpi echeggianti tra i palazzi divennero l'icona dell'assedio. Per chi riusciva ad attraversarla indenne, il sollievo era sempre accompagnato dal terrore per la prossima volta. Ancora oggi, lungo il viale, sono visibili segni di quei giorni: fori di proiettile sulle facciate degli edifici, monumenti commemorativi e fotografie che raccontano la resilienza di Sarajevo.

Oggi, passeggiando per Sarajevo, si possono osservare le "Rose di Sarajevo", cicatrici lasciate dai colpi di mortaio, riempite con resina rossa per commemorare le vittime del conflitto. Questi segni, sparsi per la città, fungono da memoriale silenzioso e indelebile della sofferenza patita.
Nonostante le ferite della storia, Sarajevo ha saputo rialzarsi. Il quartiere di Baščaršija, con il suo bazar ottomano, le moschee e le caffetterie dove si sorseggia il tradizionale caffè bosniaco, offre uno spaccato autentico della sua eredità multiculturale. Nel contempo, eventi come il Sarajevo Film Festival testimoniano una città proiettata verso il futuro, capace di attrarre intellettuali e artisti da ogni parte del mondo.

Sarajevo è molto più di un luogo: è un palinsesto storico, un crocevia di memorie e speranze. Ogni strada, ogni pietra, ogni tramonto sulle colline che la circondano raccontano una storia di resistenza e rinascita. Chi visita Sarajevo non esplora solo una città, ma sfoglia le pagine di una storia vivente, in cui il passato e il presente convivono in un equilibrio straordinario.

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